Il “sasso” Sgarbi nella palude politica tarquiniese

di Stefano Tienforti

Tirare un sasso, e bello grosso, in uno specchio d’acqua tanto fermo da iniziare a ristagnare: è questa, a mio avviso, la più immediata spiegazione della paventata candidatura a Sindaco del Comune di Tarquinia di Vittorio Sgarbi. Alcuni, nei commenti su questo portale, hanno liquidato la mossa come un “coup de théâtre” e, probabilmente, la definizione è affatto distante dall’effetto che, effettivamente, chi l’ha studiata voleva ottenere.

Perché – diciamoci la verità – la “sostanza” politica di una simile mossa è, razionalmente, pressoché nulla: senza nulla togliere allo spessore intellettuale del critico ferrarese, presentare a due mesi e mezzo dalle elezioni (e poco più di quaranta giorni dalla presentazione delle liste) un nome del tutto estraneo al panorama cittadino e dal curriculum “amministrativo” più ricco di aneddoti che di risultati è una dichiarazione di fallimento bella e buona.

Significa ammettere che le forze politiche che si oppongono a Mazzola non ritengono di avere, nelle loro file, nemmeno un uomo o una donna all’altezza di una candidatura a Sindaco, tanto da dover ricorrere all’altisonante nome di Sgarbi per poter provare a contrastare il Primo cittadino uscente: biglietto da visita poco lusinghiero, al momento in cui l’iniziale suggestione del nome dovrà, inevitabilmente, lasciare spazio alle valutazioni politiche vere e proprie.

Ancor più allorché si consideri che, nell’eventuale campagna elettorale anti-Sgarbi, verrebbero di continuo ricordati i suoi trascorsi pubblicistici e politici: pur volendo sorvolare sui precedenti giudiziari, nessuno degli avversari mancherebbe di far “pesare” il trasformismo politico del personaggio, o le esperienze già maturate come Primo cittadino a San Severino Marche e, soprattutto, Salemi. Nella cittadina siciliana – per la cui giunta è stato, di recente, chiesto lo scioglimento per “infiltrazioni mafiose”, con conseguenti annunciate dimissioni dello stesso Sgarbi – la sua carriera da Sindaco è parsa per lo più una trovata promozionale ricca di colpi di scena e provocazioni. Tanto che, nel comune del trapanese, alcuni cittadini avevano finito per riassumere la particolare vicenda amministrativa con una domanda: “Ci ha fatto conoscere a tutta Italia, ma Sgarbi ci conosce?”.

E allora appare evidente come la voce fatta trapelare giovedì sera – dopo una riunione tanto segreta che, dopo mezzora, anche il centrosinistra sapeva tutto o quasi – nascondesse altri intenti. Primo tra tutti quello di smuovere acque troppo ferme, di “svegliare” e richiamare tutta una serie di personaggi politici (o presunti tali) molto più presi a perseguire ambizioni proprie – o disinnescare quelle dei rivali di partito – che a lavorare con convinzione e spirito di coesione per costruire un’effettiva alternativa a Mazzola, oggi reso fortissimo dall’inefficacia degli avversari politici.

Uno schiaffo, insomma, per tentare alla disperata di “fare squadra”, stringere il cerchio. Vedere in Vittorio Sgarbi sindaco una soluzione è, davvero, poco realistico. E, opinione personalissima, sarebbe un serissimo rischio d’immagine per lo stesso critico ed opinionista. Per caratteristiche quasi antropologiche, infatti, Tarquinia ha l’innata dote di “ridimensionare i miti”: sono numerosi gli aneddoti su attori, regnanti o politici che, a contatto con il “tarquiniese medio”, altro non hanno ottenuto che indifferenza e, se fortunati, uno sguardaccio traverso.

Tra le mura cittadine vive ed è ancora fortemente radicata quella forse presuntuosa, altezzosa consapevolezza che Tarquinia sia centro del mondo: chi pensa di fare breccia semplicemente lanciando un nome “famoso” non può non tenerne conto.