Ora anche Tarquinia ha il suo tunnel

di Marco Vallesi

uno della cricca degli acculturatiSì, sì, c’è sempre qualcosa che mi tiene in bilico – tra lo scrivere e il non scrivere –; ma se poi qualcuno mette sul piatto della bilancia il peso decisivo, sono io che non mi sottraggo alla forza di gravità e scrivo.

E quando il sig. sindaco decide di appoggiarsi a quel bilanciere, lo faccia pure con tutto il peso che ritiene opportuno e, se preferisce o pensa che gli sia di giovamento, anche con il fianco suo o quello dei suoi “consulenti”. A me bastano le dita per scrivere.

E voi, cari lettori, se intendete leggere fino in fondo quanto avrò da dirvi, mettetevi pure comodi e rilassati.

Superati i dovuti preamboli, andiamo dunque per gradi ad una breve disamina dei recenti fatti “giornalistici” per i quali il sig. sindaco ha infranto quell’ “embargo stampa” da lui stesso disposto nei nostri confronti .

Il nodo cruciale – ormai impossibile da sciogliere dal sig. sindaco (o chi per lui) – sta, esattamente, nel perdersi le occasioni per star zitto. Sempre che le recentissime e permalosissime parole sottoscritte con nome e cognome siano le sue.

Eh sì, a questo punto qualche dubbio sull’effettiva paternità dell’ultima notarella auto-flagellante firmata “Mauro Mazzola” io ce l’ho.

E come non averne, dopo la sequenza di smentite partite a seguito dello sfondone riportato nell’ormai noto articolo, riguardante quel passaggio “…uno dei vertici pittorici dell’arte etrusca…” e la successiva, integrale assunzione di responsabilità del “grave errore” (quale sarebbe precisamente l’“errore” non ci è dato saperlo n.d.r.) da parte di un addetto alle “relazioni esterne” del Comune di Tarquinia il quale, pur non fornendo dettagli di come quell’“errore” abbia preso forma, dichiara: “Le parole del sindaco Mauro Mazzola sono uscite dalla mia penna, o meglio dalla tastiera del mio computer.”.

Qui sorge spontanea una domanda: chi, tra voi, affezionati lettori, potrà d’ora in avanti avere certezza che i comunicati diramati dalla casa comunale a firma del sig. sindaco o le interviste combinate con le sue (?) frasi, i suoi (?) motteggi siano, inequivocabilmente, farina del suo sacco e che egli intenda, rigorosamente, dire, precisare, affermare o riferire ciò che si può desumere dalla loro lettura? Che dire poi delle frasi <<virgolettate>>? Sono o non sono attribuibili al soggetto intervistato? Oppure si deve mettere in discussione la legale e consolidata prassi giornalistica che vuole le virgolette a racchiudere dichiarazioni ufficiali e citazioni?

Permanendo il dubbio e non sapendo, perciò, di chi scriverò, da qui in avanti i riferimenti alla missiva proveniente dal Comune di Tarquinia saranno indirizzati al – sig. sindaco (o chi per lui) –.

Andiamo oltre.

Nel tremendo e confusissimo quadro generato dall’improvvida uscita di una velina propagandistica di basso, bassissimo profilo si delineano alcuni punti che non possono essere confusi, per nitidezza e clamore, con il caos circostante in cui è precipitato il sig. sindaco (o chi per lui).

Il termine “acculturato/i”, ad esempio: fu coniato da due “preziosi” collaboratori politici del sig. sindaco (stavolta è certo) in occasione di un’adunanza fuori sede presso il “Pin Bar” (qui). Nell’occasione, il presidente del Consiglio comunale, Alessandro Dinelli e l’assessore Sandro Celli, concordarono pomposamente per il neologismo da affibbiare a chi metteva in luce manchevolezze, strafalcioni e altre amenità prodotte dall’amministrazione (o da chi per essa), salvo poi tentare, una volta “appennati”, di sminuire le loro boutade tra mugugni e lamenti ma, per carità, sempre e solamente in ambiti privati.

Da quel giorno noi, portatori sani di quell’appellativo, ne ridiamo beatamente; il sig. sindaco (o chi per lui) e i suoi più stretti collaboratori se ne sono ammalati al punto d’immaginarne un uso ironico che, se la consapevolezza potesse impossessarsi del loro intelletto, dovrebbero girare verso se stessi per ridere o piangere – facciano loro – delle zappe che si danno sui piedi.

Rattrista e rammarica osservare come il sig. sindaco (o chi per lui), ravvisando nell’aggettivo che ho usato per definire i “ruffiani” una forma di scortesia nei confronti di qualcuno (non so come altrimenti si possano cortesemente definire i ruffiani…) , abbia indicato, seppure dubbiosamente, la sua segreteria (Amministrativa? Politica? Altra?) come bersaglio della mia definizione. Ebbene, sappia il sig. sindaco (o chi per lui), che non conosco le “segreterie” di cui parla, né so da chi siano composte; tuttavia, mi sento di esprimere ad esse, quali che siano, tutta la mia solidarietà per la sconveniente, e non mia, chiamata in causa.

Nonostante la copiosa documentazione che solitamente siamo soliti produrre nel compendiare i nostri articoli e la minuziosa ed accorta ricerca delle fonti, il sig. sindaco (o chi per lui) non ha ancora compreso che sono veramente poche le cose che possiamo dimenticare o lasciarci sfuggire quando prepariamo un articolo. Se il redattore della nota sottoscritta con il nome del sindaco fosse stato attento – come noi siamo attenti quando leggiamo le produzioni altrui – avrebbe notato che la foto del rhyton di Charinos a corredo del mio articolo è ricavata da una ripresa non ufficiale effettuata presso l’esposizione di New York del famoso vaso (lo scatto riporta, sotto la foto, già copiata dalla legenda ufficiale in lingua inglese proposta dal museo, solamente la scarna parte descrittiva del manufatto). Il redattore con lo stesso approccio, evidentemente, non avrà nemmeno notato nell’articolo la presenza di un link perfettamente funzionante (questo) che rimanda ad una pagina del sito del Met in cui, sempre in lingua inglese, sono invece riportate dettagliatamente le motivazioni, gli attori e la consistenza dell’accordo che regolavano il prestito. Dunque si poteva – e ci poteva – anche risparmiare la tiritera della ripetizione testuale della didascalia esplicativa che mi indirizza, giacché insistere su fatti noti e disponibili per chi s’interessa, realmente, di fatti, sa tanto di pleonastica e ridondante pedanteria che qualcuno, mi perdonerà il sig. sindaco (o chi per lui), gli ha rifilato come dirimente.

Naturalmente, per restare sul tema della ceramica, ovvero sull’oggetto principale di questa lunga ma necessaria disamina, non posso esimermi dall’osservare che, quei “…vertici pittorici dell’arte etrusca” da cui tutto ciò discende, nella nota del sindaco (o chi per lui) non vengono citati in nessun passaggio, in nessuna riga, in nessuna parola: ché, dietro questa esclusione vi sia la paura di rendere visibile e ben a fuoco il preciso argomento da me trattato nell’articolo che parrebbe aver motivato il sig. sindaco (o chi per lui) a rompere l’“embargo stampa” a cui ci sottopone da mesi? È davvero così terrorizzante ri-scrivere parole come “…vertici pittorici dell’arte etrusca” senza scomodare archeologi professionisti disposti a suffragare altre tesi che nessuno, e men che mai il sottoscritto, ha messo in dubbio? Se il sig. sindaco (o chi per lui) vuole a tutti i costi mettere alla prova ciò che gli è stato attribuito e pubblicato, si faccia “suffragare” per il fatto che uno o entrambi i vasi attici, già nelle collezioni di palazzo Vitelleschi, ora esposti a New York, sono “uno dei vertici pittorici dell’arte etrusca”. Vedrà, se avrà il coraggio di farlo, troverà altre figure disposte a sostenere certe affermazioni, magari prezzolate e a buon mercato ma, di sicuro, non archeologi professionisti. Provi, provi pure e mi faccia sapere.

In ultimo, ritengo doveroso stigmatizzare la qualità dell’“attaccamento a Tarquinia” dichiarata dal sig. sindaco (o chi per lui) prima, durante e dopo  la sua trasferta americana.

Il sig. sindaco (adesso è proprio lui) parte alla volta degli Stati Uniti d’America sulla scorta di una delibera di Giunta (scaricabile qui) con la quale viene finanziata la partecipazione alla manifestazione “Tarquinia: the heart of Etruscan places”. Il finanziamento per la partecipazione alla manifestazione d’oltre oceano arriva da fondi Enel, messi a disposizione da un accordo con l’ente elettrico per la “valorizzazione delle produzioni tipiche del territorio” relativamente alle produzioni agricole. Nella stessa delibera si legge che la Soc. Cooperativa Sociale Onlus “Fuori C’Entro”, tramite alcune note, “si dichiara disponibile a realizzare un progetto di promozione e valorizzazione inerente la manifestazione più sopra descritta, attivando azioni di marketing territoriale nella sua qualità di gestore dell’Info Point Turistico della Città di Tarquinia, esplicitando in via prioritaria la promozione di percorsi del gusto ed itinerari enogastronomici, e proponendo un’offerta finalizzata all’esecuzione della relativa prestazione pari a Euro 20.000,00 omnicomprensive;”.

Quindi, senza indugiare troppo sulle origini del finanziamento “carbonioso” che “attacca” il sig. sindaco (o chi per lui) alla sua Tarquinia, apprendiamo che sono stati spesi 20.000,00 euro per una manifestazione di cui non sappiamo una beneamata m…a.

Se e quali prodotti tipici siano stati portati, come siano stati esposti e/o proposti nella manifestazione, quante delle numerosissime aziende agricole tarquiniesi siano state coinvolte e quali risultati abbia conseguito la promozione, un giorno, forse, lo sapremo. Per il momento no.

Però sappiamo che il sig. sindaco (o chi per lui), tra un prodotto tipico e l’altro, ha scoperto che al Metropolitan Museum of Art di New York ci sono due (?) vasi prestati e provenienti da Tarquinia. Strano, non doveva già saperlo? Eppure l’accordo per il prestito – sottoscritto dall’allora ministro per i Beni e le Attività Culturali, Francesco Rutelli, e da Philippe de Montebello, Direttore del Met – stabiliva che l’esibizione dei due vasi, nella galleria Greca e Romana del museo statunitense, iniziasse a partire da gennaio 2008 e, se non sbaglio, al momento del “trasloco”, Mazzola era già sindaco; ma forse non era ancora così “attaccato” alla Città. Ed è possibile che i favori di questo genere che il sig. sindaco (o chi per lui) intende elargire a questa comunità abbiano effetti collaterali che si manifestano con sintomi di amnesia? Se così fosse, per prevenire spiacevoli ricadute, ricordo a tutti (con particolare riguardo a coloro che scrivono a nome del sindaco) che l’accordo del prestito testé citato scadrà a breve, tra tre o quattro mesi o giù di lì. Dunque, il risveglio dell’“attaccamento” e la passione per l’archeologia locale, per la mappe, per le annotazioni e le correzioni del sig. sindaco (o chi per lui) appare, a mio avviso, quantomeno tardivo e parecchio strumentale. Se questo è “partito preso”, carissimi lettori, sta a voi stabilirlo.

Quel che io ho compreso con certezza è che il sig. sindaco (o chi per lui), tentando di affrancarsi da critiche motivate, documentate e legittime, ha provato a sminuire la portata dell’ennesimo e grossolano tentativo di propagandarsi come paladino del “non so bene cosa” ottenendo, però, un solo grande risultato: smentire se stesso. Né più né meno di quanto accaduto con l’arcistranoto tunnel di gelminiana memoria.

C.V.D.