Cardi e cardellini europei nel cornetano San Francesco

di Giacomo E. Carretto

La cappella a destra dell’abside di San Francesco (studiata da Giannino Tiziani) fu voluta da Chiara Parma per il marito Arcangelo Cardini, patrizio cornetano, e passò poi ai Falzacappa. Nei suoi stucchi barocchi è ripetuto lo stemma dei Cardini, un cardellino su tre fiori di cardo, ma sotto la lapide, con il busto di Arcangelo, lo stemma in marmo ha un solo cardo. In alto vediamo uno scudo partito, contenente gli stemmi Cardini e Parma, quest’ultimo ancora con i tre cardi caricati sul tutto. È uno scudo ovale, quindi femminile, con la cordigliera che lo circonda non annodata in basso, quindi vedovile secondo un’usanza forse introdotta da Anna di Bretagna vedova di Carlo VIII: dovrebbe mancare lo scudo, perché simbolo guerresco, e l’elmo che, invece, qui vediamo. (Le illustrazioni mostrano la cappella Cardini/Falzacappa in una foto del 1900 circa e tre particolari della stessa).

Il cardellino è simbolo della Passione, perché ferito dalle spine del cardo o da quelle della corona di Cristo, che tentava di estrarre. Rappresenta anche l’anima che vola in cielo, abbandonando la gabbia rimasta aperta come l’anima abbandona il corpo: negli stucchi cornetani è posato sul cardo, ma spicca il volo nello stemma in alto e in quello sotto la lapide di Arcangelo.

I  cardi non li troviamo solo in Maremma, rosicchiati da un asin bigio, perché molte città e famiglie europee li mostrano nei loro blasoni. La tradizione famigliare dice i Cardini originari del nord Europa, e il loro motto è Non mi si calpesta impunemente: vediamo se più a nord di Corneto troviamo qualcosa di simile.

Renato d’Angiò, re di Napoli, poi duca di Lorena, portò nel nord l’emblema del cardo. Renato II di Lorena vi aggiunse il motto Ne toquès mi, je poins (Non toccarmi, pungo) e quando nel 1447 sconfisse Carlo il Temerario che assediava Nancy, la città prese il cardo come stemma e il motto Non inultus premor (Non invendicato, mi si calpesta), per tradizione tradotto Qui s’y frotte, s’y pique (Chi l’attacca, si punge).
Il motto della Scozia è Nemo me impune lacessit (Nessuno mi assale impunemente) e secondo la leggenda più diffusa deriva dalla vittoria sui Norvegesi del Re Haakon a Largs nell’autunno 1263. Gli assalitori si erano tolte le scarpe per avanzare in silenzio nella notte, ma un cardo punse il piede di uno di loro che gridò dal dolore e gli Scozzesi del Re Alessandro III si svegliarono e li respinsero. Così il cardo è un “guardiano”, guardian thistle, incluso nello Stemma della Scozia, ora  in quello del Regno Unito usato in Scozia. Il motto è adottato dal Molto Antico e Molto Nobile Ordine del Cardo, in origine composto da 13 membri, come Gesù e gli Apostoli o Re Artù con i cavalieri della Tavola Rotonda. Alcuni dicono che deriva dal ritornello di una ballata: My name is Little Jock Elliot / and wha daur meddle wi’ me (Il mio nome è Piccolo Jack Elliot/ e chi osa aver a che fare con me). In definitiva non abbiamo certezze, ma forse dal nord Europa qualcosa ha raggiunto Corneto.

Comunque il motto ha anche una vita letteraria, perché aiuta l’ispettore John Rebus, noto anche per una serie televisiva, a risolvere il mistero di Mortal Causes, giallo di Ian Rankin, ed Edgar A. Poe, nel racconto Il barile di Amontillado, lo attribuisce ai Montresor, il cui stemma è un piede d’oro in campo azzurro, con il calcagno morso da un serpe rampante.

Giacomo E. Carretto