Tarquinia e il Dio Mitra: quali miti dietro la statua ritrovata dai Carabinieri?

Dio_Mitra_TarquiniaUna figura maschile nell’atto di abbattere un toro, circondato da altri piccoli animali: la raffigurazione scultorea del II-III secolo d.C. recuperata dal Comando  dei carabinieri Tutela patrimonio artistico ed al centro delle cronache da venerdì – anche a Tarquinia, dove sarebbe stata abusivamente scavata e dove, stando

Senza mai diventare la religione ufficiale dello stato, il mitraismo godette però di una vasta fortuna sia nell’esercito che tra le classi più modeste della società – schiavi, liberti, operai, artigiani e piccoli commercianti – gli stessi ambienti da cui, negli stessi decenni, muoveva anche l’altra grande religione monoteista dell’epoca, la religione cristiana. E non è un caso che tra i due culti ci siano somiglianze sorprendenti: l’episodio di Mitra che fa scaturire l’acqua dalla roccia richiamava sia il miracolo della rupe di Mosè che quell della fonte operato da San Pietro, così come non possono sfuggire il parallelismo tra le lustrazioni ed il battesimo, la comune credenza nella resurrezione dei morti e nel giudizio finale presieduto da Mitra o da Cristo, o la singolare coincidenza della celebrazione del natale dei dio – secondo alcuni miti anche per Mitra avvenuto in una grotta, incarnandosi nel ventre di una vergine – fissato il 25 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, da entrambe le religioni. Dopo diverse vicissitudini la religione cristiana prevalse definitivamente su quella mitraica che poté resiste ancora per poco, mentre a Roma sopra i mitrei saccheggiati e distrutti vennero erette chiese e basiliche.

La statua del II secolo che riempie le cronache tarquiniesi e nazionali di questi giorni fa riferimento all’avvenimento centrale del mito mitraico, il sacrificio del toro, la cui morte promuove la vita e la fecondità dell’universo.

Oltre al Dio ed al toro, in opere di questo tipo – esemplari simili sono conservati al British Museum e ai Musei Vaticani – erano sempre presenti delle figure simboliche ben precise: un cane ed un serpente che bevono il sangue del toro, uno scorpione che lo pungeva ai testicoli, delle spighe di grano che germogliavano dalla coda dell’animale morente e un corvo. Il loro significato è incerto: lo scorpione ed il serpente sono visti di solito come forze del male che tentano di impedire al sangue e al seme del toro di raggiungere e fecondare la terra, il cane al contrario ne trae forza mentre le spighe simboleggiano la forza vitale che si libera del toro morente a favore delle piante verdi; il corvo infine, messaggero divino, stabiliva il contatto tra Mitra ed il Sole.

L’uccisione del toro e la presenza del sole fanno pensare ad un rito segreto che alluda al meccanismo di precessione degli equinozi: il carattere cosmico di Mitra è sottolineato anche dalla costante presenza al suo fianco dei due dadofori (portatori di fiaccole, Cautes e Cautopates) affini al dio che costituiscono una sorta di trinità, rappresentando rispettivamente il sole dell’aurora, del mezzogiorno e del tramonto, che nel ciclo annuale alludono alla primavera, all’estate e all’autunno.