Ospedale: la gru non c’è più, ma ai cittadini cosa cambia?

(s.t.) Chi abita fuori dalle mura, oltre via Bruschi Falgari, o in zona Clementina, si è molto probabilmente accorto che lo skyline tarquiniese negli ultimi giorni è cambiato: con una settimanata di operazioni tecniche, infatti, è stata rimossa la gru che troneggiava, ormai da parecchi anni, sull’ospedale di Tarquinia, fantasma di lavori proceduti a rilento e senza evidenti e decisivi risultati.

È stato rimosso uno dei simboli più esteticamente e metaforicamente evidenti, a Tarquinia, di quello spreco di denaro e di quella – probabilmente voluta – mancanza di lungimiranza che sono l’emblema dello stato odierno della sanità nel Lazio ed in Italia. E forse di un intero paese la cui crisi nasce più da queste scelte scellerate, superficiali, ambigue ed interessate che dalla congiuntura economica mondiale.

In questi anni, senza che la struttura ospedaliera abbia ottenuto alcuna svolta epocale nel suo funzionamento – tale da giustificare l’investimento – sono stati gettati soldi per un cantiere avanzato a passi di formica, mentre (e la cosa prosegue tutt’ora) altro denaro viene speso per ospitare uffici ad ambulatori in una struttura decentrata secondo una soluzione che, come spesso avviene, da temporanea diventa pressoché definitiva. Il che, naturalmente, per gli utenti non può che assommare il danno alla beffa. Oltre, infatti, all’accrescere dei costi e del debito regionale, le opere effettuate non hanno offerto e non offrono alcun vantaggio al cittadino, ad anzi disagi via via crescenti. Ed alla scomoda dislocazione delle strutture, ai tagli continui ai servizi, alla minaccia di chiusura della struttura – scelta che, dopo tutti i soldi spesi, sarebbe criminale – si aggiungono, giorno dopo giorno, nuovi ostacoli per i fruitori.

Provate, infatti, a fare in questi giorni un salto all’Hotel Sporting, che ospita gli uffici ed ambulatori che, causa lavori in corso, furono sloggiati da viale Igea. E provate a cercare la cassa dove pagare la prestazione per cui siete prenotati o per cui avete l’impegnativa. Anzi no, non fatelo: evitate perdite di tempo. Perché da qualche mese, nel distaccamento dell’ospedale in zona Madonna dell’Olivo, il CUP è chiuso: nessuno sportello, nessun impiegato. Se abitate in quella zona, dovete prima salire a Tarquinia, effettuare il pagamento, poi riscendere per usufruire del servizio: che in termini di tempo e spostamento v’è costato ben più del ticket.

Anche perché – sempre in tema di disagi – la chiusura delle casse a valle non ha comportato un aumento del numero di quelle a monte, anzi: al CUP di viale Igea hanno ridotto di un’unità il numero degli sportelli operativi. Per cui, ora, a Tarquinia, non solo gli utenti sono tutti concentrati agli sportelli dell’ospedale, ma gli stessi sono anche meno: con evidenti, logiche conseguenze di maggiori file. Una situazione di disagio sensibilmente aumentata, perché, riducendo il numero delle postazioni, i tempi d’attesa per pagare e prenotare finiscono per moltiplicarsi: a discapito dell’utente in fila e, in fondo, anche dell’impiegato allo sportello, che fa da schermo alla rabbia dei cittadini. Con la conseguenza di battibecchi e nervosismo generalizzato.

Non basterà rimuovere la gru – con tutto il possibile valore simbolico – a riportare ad una civile normalità la situazione della sanità laziale ed italiana.