Marco Ferri e il libro d’artista

di Luciano Marziano

Il 19 aprile scorso è stata inaugurata presso il Salone Borromini della Biblioteca Vallicelliana in Roma una mostra di opere di Marco Ferri incentrata sul tema libro. Il titolo Ad Alessandria era molto caldo, richiama le vicende della Grande Biblioteca egiziana quale riferimento ai pericoli che  può correre, oggi, il bene culturale libro insidiato anche dai nuovi media.

La nozione di libro d’artista è tuttora non definita, anzi, per taluni versi, espone aspetti di ambiguità in quanto confuso con il libro illustrato. Esso è un lascito delle avanguardie artistiche del novecento il cui merito principale è stato quello di aprire ad una perenne sperimentazione che ha consentito attraversamenti e sconfinamenti, ponendo ogni fare che abbia  modalità e finalità di ordine artistico su un piano di parità. In questo ambito operativo, il libro è stato individuato come luogo nel quale la materialità oggettuale si combina con la forte componente concettuale data dal suo contenuto sapienziale e, più in generale, comunicativo. La dinamicità dell’atto dello sfogliabile viene incontro all’istanza di rendere concreto il movimento che, insieme al problema della cognizione del tempo e dello spazio, è stato uno dei temi nodali delle ricerche dell’arte contemporanea. Si può affermare che il libro, configurato nella oggettualità plastica, si costituisce come un microcosmo nel quale possono confluire una molteplicità di esperienze a valenza estetica che vanno  dalla pittura alla scultura alla basilare grafica, fino a pervenire nel territorio del design per quella summa di temi connessi alla progettazione, al coinvolgimento tecnologico, alla individuazione fruitiva e alla circolazione.
La consistenza principalmente cartacea del libro costituente un ecosistema, fatto di lentezza riflessiva, di socialità che trova il momento pregevole nell’istituzione biblioteca con la sala di lettura, il silenzio soffuso da un ansito spirituale che trascorre tra i frequentatori , oggi è insidiata da nuovi media che affidano la principale funzione informativa alla labilità dell’etere. E se all’ebook può ancora essere attribuita  una funzione ausiliaria se non sussidiaria alla diffusione della lettura, questa corre seri rischi nella generalizzazione dell’iPad, assorbita  dalla molteplicità di contenuti i più vari del digitale, a volte contraddittori, nei quale la lettura entra con le modalità del casuale, quale riempitivo , forse anche di curiosità  di uno spazio inerte , fortunosamente lasciato disponibile dall’ ingordo sfiorare del dito sul display.

La ricerca di Marco Ferri nel territorio del libro di artista si muove lungo due polarità di raccordo con quella che, oramai, viene definita la tradizione dell’arte moderna tesa alla espansione territoriale dell’intervento artistico. L’operatore, da una parte intercetta il tema affascinate del libro come possibile risposta a talune problematiche di ordine plastico compositivo, di analisi materica riscontrata nel corpo di materiali i più vari ma funzionali ad una puntuale finalità espressiva; dall’altra, espone come una testimonianza sul destino del fenomeno libro quale manufatto che, da tempo immemore, accompagna il cammino del’umanità, penetrando all’interno della sua struttura materiale  per saggiare con gli strumenti della sensibilità tipici dell’artista le incidenze emblematico simboliche. A tal fine,  reperisce i materiali per ricavare l e tessere di un complessa costruzione, nei luoghi più improbabili  anche quelli dove vengono raccolti i residuati del consumismo, come la discarica, l’angolo della strada, il macero ben spesso destinazione finale della produzione libraria. Una posizione quasi etica, di un Lavoro immane,purtroppo, dagli incerti esiti salvifici per il quale Ferri mette in campo il suo bagaglio tecnico e conoscitivo come quello relativo alla ceramica, settore nel quale opera con apprezzabili risultati. Allestisce una situazione che si potrebbe definire al limite della temerarietà con svolgimenti inattesi e, in un certo senso, strabilianti immettendo l’operazione nella dimensione alchemico esoterica. Selezionate delle pagine contenenti testi letterari di alto e riconosciuto livello, l’artista le amalgama alla superficie dell’oggetto ceramico . Sottoposto il manufatto al fuoco, ne deriva un’opera nella quale il nero della combustione assume enigmatiche luminosità esaltative del testo letterario che, in questo modo, viene fissato in una perennità inattaccabile.  I vari oggetti prodotti nei materiali più diversi, a volte poveri, come il cartone, l’usuale carta da imballaggio, il compensato,  si articolano in variabilità formali, in declinazioni che colgono libro come ready made trasferito in una lontananza memoriale non aliena dall’usura del tempo acquisita come componente ineludibile con le pagine piegate , sfrangiate , testimonianza, a volte, della violenza del Fahrenheit 451.
Da questo zoccolo duro , Ferri , pur non tradendo la radice iniziale di fondo di riferimento al libro,  transita nella sperimentazione di molteplici forme. L’operatore mette in scena una continua, germinante componibilità che va dai ritmi di ascendenza razionale alle più spiegate morbidezze modulari. Ne consegue la variabilità di oggetti offerti quasi nella essenziale nudità monocroma che va dal biancore gessoso al nero, passando per un antico bruno , il marrone simulatorio del legno dell’artigiano . L’incidenza , specialmente nelle ultime opere, di una vivacità cromatica , testimonia dello sconfinamento, di cui si è fatto cenno all’inizio, tra scultura e pittura.