“L’Italia ha centocinquanta anni”: a Tarquinia Giuliano Amato

Riceviamo e pubblichiamo

L’ex primo ministro Giuliano Amato ospite d’onore de “L’Italia ha centocinquanta anni”, l’iniziativa promossa dal Comune di Tarquinia, dall’Università Agraria e dalla fondazione Etruria Mater. All’evento, che si è svolto il 16 aprile nella sede del municipio, hanno partecipato tra gli altri il sindaco Mauro Mazzola, il deputato Ugo Sposetti, il vice prefetto di Viterbo Francesco Tarricone, gli assessori della giunta comunale, il presidente del consiglio comunale Alessandro Dinelli, il consigliere comunale Alberto Blasi, il presidente dell’Università Agraria Alessandro Antonelli, la vice presidente della fondazione Etruria Mater Silvia Grassi Pottino e le scuole cittadine. Il discorso di apertura è stato tenuto dal primo cittadino, che ha sottolineato l’importanza di celebrare l’unità d’Italia: «Sdegnare la ricorrenza e voltare le spalle ai simboli della Patria sono dimostrazioni di superficialità e indolenza intellettuale. Avere rispetto dei simboli che ci fanno sentire italiani non è eccessivo, ma al contrario, è debito, perché ricordare il nostro passato è l’unico modo che abbiamo per rispettare noi stessi e perché ignorare le proprie radici non a nessuno». Sono quindi seguiti gli interventi del presidente Antonelli, del consigliere Blasi e della vice presidente Grassi Pottino, che ha lasciato la parola ad Amato, autore di una splendida “lectio magistralis” di storia italiana, in cui ha sottolineato l’importante ruolo svolto dalle donne nel processo di unificazione della Penisola. «Il merito del successo delle celebrazioni va al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha creduto fermamente in questa ricorrenza. – ha affermato inoltre il presidente del Comitato dei Garanti per i festeggiamenti – Ricorrenza che non deve essere però rivolta al passato ma al futuro, in cui il popolo deve trovare aspettative comuni per costruire un’Italia migliore. In tal senso, è fondamentale il ruolo dei giovani come lo fu nel Risorgimento. Le nuove generazioni sono chiamate ad avere un ruolo da protagoniste, cosa che l’Italia attuale non permette, commettendo un gravissimo errore».