Grano: ottime produzioni, ma prezzi da discount

di Fabrizio Ercolani

campi-di-granoPrezzo del grano in picchiata. Nonostante un’annata in cui le produzioni hanno raggiunti picchi difficilmente ottenuti nelle annate precedenti, il prezzo di vendita ha raggiunto cifre quasi irrisorie.

Vale 16-17 euro al quintale, come 25 anni fa (quando costava 30 mila lire). O per dirla con altri termini: cento chilogrammi di frumento valgono, al mercato attuale, meno di 8 chili di pane: una situazione insostenibile, contro la logica delle cose, che non può nemmeno lasciare indifferenti i consumatori di fronte ad un tale distorsione dei mercati che vede danneggiati gli agricoltori in primis. Con questi prezzi, pur con rese ottimali, il produttore copre malapena i costi di coltivazione.

Eppure le produzioni, nonostante il lungo periodo di estrema siccità faceva ben sperare gli operatori del settore. Produzioni che si aggirano sui 75 quintali ad ettaro nelle piane e superano i 40 nei tratti più impervi. Nel 2015 il grano è stato venduto ad oltre 30 euro/q.le quest’anno c’è stato un calo di circa il 40% con quotazioni in molti casi al di sotto delle 18 euro/q.le. Una flessione che sta facendo veramente riflettere gli agricoltori se vale ancora la pena produrre grano in zona.

La Maremma laziale, che ai tempi degli antichi romani era chiamata il “Granaio di Roma”, potrebbe drasticamente ridurre le prossime semine. “Se i prezzi della farina, del pane e della pasta sono rimasti invariati nonostante l’anomala riduzione del valore della materia prima c’è qualcosa nella filiera che non funziona e il produttore non può essere l’unico a pagare per far guadagnare di più agli altri attori”, sottolinea in una nota Confagricoltura.

Un allarme che però riguarda tutta Italia. A Reggio Emilia, ad esempio, CIA, Confagricoltura e Copagri hanno lanciato una campagna informativa denominata “Grano amaro”. Ma fare da cornici a questa crisi ci sono diverse ragioni. Sono cambiate le esigenze dell’industria del pane e della pasta, il prezzo viene definito da un mercato globale in un contesto internazionale instabile e i produttori di cereali italiani si ritrovano (da soli e senza garanzie) a fare i conti con le importazioni massicce di grano dall’estero, la mancanza di norme che regolino il mercato mondiale e limiti notevoli nella capacità di stoccaggio. La crisi del grano in Italia, è diventata ormai guerra tra i produttori di frumento e l’industria.

I pastai affermano che è necessario importare grano a causa del basso tasso proteico di quello italiano, ma, forse mai come quest’anno, i frumenti presentano un’alta qualità, con proteine elevate e ottimo peso specifico. Quello che però sembra certo è che il prossimo anno le superfici investite a frumento saranno in netta flessione.