Fantapolitica: siamo solo all’inizio!

di Stefano Tienforti

Il 20 novembre Tarquinia vivrà un momento essenziale della sua storia politica: il rinnovo del consiglio d’amministrazione del Consorzio di Bonifica. I lettori mi concederanno, spero, l’ironia, ma la febbrile attività del sottobosco politico cittadino in vista di questa scadenza elettorale rende il sarcasmo più che giustificato.

Il motivo per cui tale, prossimo appuntamento con le urne appare così vitale è presto spiegato: quella del 20 novembre diventa l’ultima “brutta copia” prima dell’esame vero, le comunali della primavera 2012, e – soprattutto per i politici che allungano le loro radici di consenso negli ambienti agricoli – il responso che ne uscirà avrà una duplice valenza.

Da una parte, si comincerà a capire infatti l’aria che tira, valutando la tenuta di alleanze e rapporti di forza; dall’altra, chi la spunterà godrà, in questi mesi, di un bonus d’influenza che alla fine potrà incidere sui risultati amministrativi, soprattutto in termini di preferenze. Allora via prima al vociare dei nomi dei candidati, poi alla rabbia, alle delusioni ed ai primi scontri verbali, con la discesa in campo – diretta e indiretta, opportuna o meno opportuna – anche di chi ha ambizioni di vario tipo in vista della tornata primaverile.

Un nome che, ad esempio, è sulla bocca di tutti da tempo e che sarà protagonista pure di queste elezioni è quello di Gianfederico Angelotti, presidente della Cooperativa Pantano e, ormai da un po’, tra i più accreditati ad una possibile futura candidatura a primo cittadino, almeno stando al chiacchiericcio popolare. Anzi, proprio le elezioni del Consorzio di Bonifica sarebbero per lui, secondo alcuni, un banco di prova determinante.

Se devo azzardare, di mio, un pronostico, mi gioco un caffè che Angelotti non sarà tra gli aspiranti sindaci, nel 2012, ed a corroborare la mia sensazione c’è la ferrea legge per la quale chi viene, troppo presto e per troppo tempo, spiattellato come possibile candidato, finisce inevitabilmente per “bruciarsi” prima della méta. Ammesso che lo stesso Angelotti – imprenditore già oberato dalla cura degli interessi propri e della cooperativa che rappresenta – abbia l’effettiva intenzione di correre verso la fascia tricolore. Chiunque accetta la scommessa, comunque, me lo scriva a commento; in tal caso, però – e qui mi adeguo agli standard comunali – non lo faccia anonimamente: ho bisogno di sapere con certezza a chi pagare o da chi incassare la posta.

Per il resto, il magma politico tarquiniese è in ebollizione, e le singole tesserine del mosaico sondano il terreno alla ricerca delle combinazioni più vantaggiose. Unico punto fermo è, oggi, la riconferma della candidatura del sindaco uscente, con Mauro Mazzola che pare aver ricucito le avvisaglie di strappo annunciatesi con concretezza sino a quattro o cinque settimane fa con il presidente dell’Università Agraria Alessandro Antonelli. Qualche incontro, una cena ed un comunicato di quest’ultimo hanno sancito la ritrovata pace elettorale: abbandonati i rischi di una faida anti mazzola, la “fronda antonelliana” del PD pare infatti aver optato per la strategia del controllo. Tre candidati forti in lista – difficile la presenza dello stesso Antonelli, probabile quella di una figura femminile – da inserire in consiglio comunale, tenendo sulla corda un’eventuale nuova giunta guidata da Mazzola. Sempre che le paci reggano al nervosismo che cresce, man mano che la scadenza si avvicina e si tratta per le alleanze.

Ad esempio, i Repubblicani sembrano ancora vicini al PD tarquiniese – sia in Comune che all’Agraria – nonostante i due storici capisaldi, Nanni Serafini e Giovanni Agate, pare vogliano lasciare strada agli eredi, almeno a livello di nome sulle liste. Più difficile è la lettura del rapporto con le forze di sinistra, primi tra tutti quei Comunisti Italiani che, nel momento in cui sembrava maturo il divorzio di cui sopra, avevano fatto aperto outing contro Mazzola. Ed ancora tutte da valutare sono le reciproche volontà di dialogo con Sinistra, Ecologia e Libertà o con il fronte No Coke, pur se oggettivamente cinque anni di scontri anche legali rendono difficile credere alla possibilità di un riavvicinamento. E pare che anche i lottisti di Marina Velka vogliano muoversi in proprio: voci di corridoio indicano la possibilità di costruire una lista autonoma mettendone a capo un nome nuovo, noto ai più attraverso il grande schermo.

Poi c’è il PDL, di cui è oggettivamente difficile parlare, perché talmente scoordinate appaiono le forze del centrodestra tarquiniese che risulta pressoché impossibile legarle con un filo logico. Fiaccadori, Minniti, Giancarlo Giulivi, Olmi, lo stesso Angelotti: già solo la variegata, ampia gamma di nomi che si sentono in giro, indagando sul toto-candidato, lascia intendere le difficoltà in cui versa l’attuale opposizione. Persi nel deserto con la bussola rotta in mano, c’è chi dice ci siano alcuni pronti ad “usare” una tornata di voto data per persa per mandare allo sbando qualche compagno di partito, così da farne piazza pulita. Altri, invece, parlano di uomini già pronti a salire sul carro del presunto vincitore, tornando ad un centrosinistra attorno al quale hanno orbitato in passato, chi nei ranghi dell’allora Udeur, chi al fianco di Luigi Daga. Sempre che – ne è convinto un mio amico fidatissimo – non si stia tramando nell’ombra per buttare in campo un nome a sorpresa che rimescoli carte che sembran troppo ferme.

Eppoi c’è l’UDC, le cui vicende meriterebbero, da sole, un libro a parte. In breve sintesi, pare che i seguaci tarquiniesi di Pier Ferdy si trovino a dover scegliere tra tre strade, facenti capo a tre differenti protagonisti della vita pubblica tarquiniese. Da una parte, ci sarebbe Enrico Piroli, pronto a unire tutte le forze centriste cittadine non già per cercare un’alleanza forte, ma per correre in proprio, magari arrivando al ballottaggio per valutare, quindi, possibili accordi al secondo turno. Un’idea del tutto simile, si dice, l’avrebbe il redivivo Giovanni Guarisco, che però l’applica in una maniera più eclatante: spingere alle dimissioni tutti gli assessori ed i consiglieri in quota UDC attualmente in carica tra Comune ed Agraria, finendo per far collassare anche l’ente di via Garibaldi e dando, così, un segnale forte di discontinuità ed autonomia in vista del voto. Ed infine, il nome che aleggia è quello di Alfio Meraviglia, che forte dell’appeal dato dalla giovane età potrebbe capeggiare una coalizione che comprenda anche il PDL: una sorta di alleanza anti Mazzola che, nelle chiacchiere da bar, pare potrebbe essere l’unico vero rischio per il sindaco uscente. Ammesso che ci sia qualcuno con straordinarie doti da domatore in grado di tenere a bada, tutti assieme, questi personaggi tutt’altro che politicamente docili. Ad esempio un nome esterno, ma non troppo, alla politica – anch’esso gravitante attorno agli ambienti ospedalieri – che – peraltro – già in passato ha indossato una fascia tricolore.

Gira e rigira, in questo caos apparentemente calmo son rimasti fuori due nomi: l’uno è quello dell’attuale presidente del consiglio comunale, Alessandro Dinelli, che alcuni pronosticano addirittura fuori dalle liste elettorali del prossimo anno; una previsione simile, a novembre, è però prematura: sconsiglio di scommetterci sopra. L’altro è quello di Renato Bacciardi, attuale assessore UDC nella giunta Mazzola: vuoi vedere che, mentre tutto gli si muove attorno, il buon Renato osserva e si scava un ruolo da ago della bilancia?