Estemporanee divagazioni calcistiche sotto l’ombrellone di Leo Abbate

di Leo Abbate

Per motivi “professionali” oltre che affettivi, ho avuto modo di seguire diverse partite del campionato di Eccellenza e ho scoperto che il centrocampista centrale è un esemplare a rischio estinzione. La massima quantità di gioco sviluppabile in novanta minuti, infatti, si dispiega sulle fasce laterali; perfino lo stesso regista di centrocampo, se c’è, qualora per un inusitato accidente della sorte abbia a ricever palla, evento ben raro, subito si affretta a scegliere quella fra le due linee laterali meno intasata d’argini umani per ricondurre il giuoco nel suo… alveo naturale; oppure, ed è anche peggio, ricorre al sempre più scontato “lancione” a cercar la testa del centravanti.

Che parta da posizione più arretrata (alla Pirlo, per intenderci) o dal centro del rettangolo di gioco, il “fantasista” abita sempre più raramente il pianeta del pallone e i pochi esemplari rimasti soffrono di artrite cervicale a furia di guardar palloni volanti che li scavalcano, o peggio, meditano di darsi al tennis, per vincere la sindrome da isolamento che sopravanza implacabile.

Se questa tendenza avesse preso piede prima d’ora, calciatori come Arie Haan, Roberto Baggio, Marco Tardelli, Nils Liedholm, Andrea Pirlo, Frank Lampard, Patrick Viera e altri che potete aggiungere voi stessi a piacimento vostro, sarebbero impiegati alle poste o chissà dove e la storia del pallone non ne avrebbe conservato testimonianza alcuna. C’è qualcosa che non va.

La Juventus quest’anno ha trovato in un centrocampista centrale con indole da fantasista, scaricato dal Milan, il perno che le ha consentito di organizzare una strategia di gioco imbattibile e ha vinto lo scudetto senza perdere mai una gara. Non fanno scuola certi esempi? Non bisognerebbe rifletterci sopra?

Oltre tutto un gioco organizzato con intelligenza strategica e astuzia tattica risulta molto più spettacolare del maledetto lancio lungo alla “spera in Dio”.  Oltre tutto, i cursori di fascia si usurano come ciabatte, costretti come sono a percorrere, gara dopo gara, migliaia di chilometri a stagione.

Oltre tutto, alle doti di corridore infaticabile, i medesimi debbono aggiungere anche piedi buoni perché se ti ammazzi di fatica per arrivare sul fondo e poi non sai fare un cross decente, lo spettacolo riceve colpi mortali ad ogni azione. Il nemico da abbattere rischia di essere la noia sepolcrale. Chissà se nel campionato di Promozione la situazione è la stessa. Mi sa che lo scopriremo fin troppo presto (oltre tutto!).