Dalla storia, le memorie cornetane di uno scrittore francese al seguito di Gregorio XI.

Il primo scrittore a Corneto e il ritorno di Gregorio XI

di Giacomo E. Carretto

Fontana di Petrus Amelius a Brenac

Il nostro paese, Corneto, poi Tarquinia, è terra di scrittori come il cardinale Adriano Castellesi, Vincenzo Cardarelli,  ma anche Titta Marini per la poesia popolare o Riccardo Colotti, fra i grandi dell’Ottava rima. Ma il primo scrittore che ha composto la sua opera proprio a Corneto, anche se originario del lontano villaggio di Brenac, nell’alta valle dell’Aude della regione Linguadoca-Rossiglione, è Petrus Amelius, ossia Pierre Ameilh, autore di un poemetto latino in cui narra il ritorno a Roma del papato. Gregorio XI, ancora da cardinale, era stato impressionato dalla profezia di Santa Brigida, con la predizione, avveratasi, della morte di Urbano V se da Roma fosse tornato ad Avignone. Ma Gregorio XI comprendeva di  poter perdere i domini italiani, perché Firenze incitava alla rivolta contro le esazioni dei legati pontifici. Già i Pontefici si erano opposti a Manfredi, che aveva iniziato a riunire l’Italia, come poi si opporranno alle città siciliane che cercavano di rendersi autonome, neppure accettando di proteggerle.

Così, di nuovo, un Pontefice gettò un terribile anatema sulla città, mettendone fuori legge persone e beni, in modo che chiunque potesse impadronirsene, e liberò la Francia dalle brutalità delle bande bretoni, inviandole a combattere in Italia: queste ancora nel 1379 saccheggeranno le campagne di Corneto. Ma la rivolta attraeva molte città e, se anche Roma avesse aderito, il ritorno sarebbe stato impossibile, aprendo scenari da fantastoria, con i Pontefici stabilmente in Francia e un primo nucleo d’Italia unita sotto una bandiera rossa con l’argentea scritta Libertas.

Gregorio XI partì il 13 settembre 1376, un’altra santa, Caterina da Siena, lo aveva esortato, ma il cavallo del papa rifiutò di avanzare e fu un cattivo presagio, infatti vi furono tempeste, inimicizia fra marinai genovesi e aragonesi, ostilità degli italiani e malcontento di tutta la curia. A Marsiglia erano attesi dalle galee di Napoli, Spagna, Provenza, Genova, Pisa, Ancona, ma nella potente Genova restarono delusi e Pierre Ameilh scrisse: “I Genovesi… bramano, cecamente nella loro mente altera, soggiogare tutto il mondo”. Quando il papa sbarcò ad Orbetello “un fuoco di  molteplici torce è acceso, con il quale il monte Argentario risplendette come un sole”. Di sera, portando fiaccole, il papa e la curia giunsero a Porto Ercole, imbarcandosi per Corneto, dove rimasero dal 5 dicembre 1376 al 13 gennaio 1377. In questa città, perdonata dal papa dopo la ribellione, Pierre Ameilh riordinò e completò il suo poemetto:

“Terra di Corneto, ricchissima e fertile, abbellita da torri,/ ampie strade si mostrano, qua e là si slanciano scalinate,/ il tuo territorio accolse questo venerdì con potenti acclamazioni il pontefice romano/ e lo zelo che noi avemmo per te ci obbligò a dimenticare le tue offese e a sbarcare sul tuo litorale./ La sera di questo venerdì il litorale era protetto da truppe di amici numerosi e ammassati,/ uomini in armi attendevano il loro signore, sospirando impazientemente per la sua venuta./ Il Pontefice sbarca, tutto gioioso, dopo aver preso il suo pasto ed essere sfuggito a tanti pericoli,/ in mezzo a piccoli bambini gridanti “Viva la pace” e invocando misericordia./ Egli tocca terra, il Pontefice, e riceve sulla riva le chiavi della città,/ mentre il popolo, perdonato delle sue offese passate, grida fra suonerie e trombe: “Parce domine populo tuo” e “Morte al prefetto e a quelli che lo seguono”,/ e, dopo la sua entrata nella città, fra la gioia universale, la pace è conclusa, appoggiata da promesse eterne”.

Da Corneto Pierre Ameilh scrisse ai “Fratelli afflitti in Avignone” e chiese indulgenza per i suoi “deboli mezzi, e attribuite alla mia inabilità se, colpito dalla malattia di fare versi leonini e della retorica, non ho detto di più: è la colpa di qualcuno dei miei compagni insufficientemente intelligenti”: ma la sua opera è ricca di humour per la stessa forma, perché Ameilh, usò il verso latino con la massima libertà, con versi di metro diverso in strofe di lunghezza variabile, solo con l’ultima vocale uguale. Certo la partenza fu una liberazione:

“Il martedì 13 gennaio fu come la porta del Paradiso terrestre per noi/ che avevamo le gote smagrite e che eravamo stanchi delle onde e dell’invariabile grasso di porco,/ dopo aver passato cinque settimane malinconiche nella città di Corneto,/ e promosso tre arcivescovi, il sovrano pontefice s’imbarcò con gioia./ Sua Serenità pontificale prese sonno nella galera davanti al litorale di Corneto/ …/ Avendo abbandonato a mezzanotte le rive di Corneto, per un vento del nord che soffiava/ mentre che cieli limpidi, rarefacendo l’aria, brillavano di un intenso chiarore/ che lasciava le onde calme, noi navigammo tutta la notte”: l’arrivo a Roma, il 17 gennaio 1377 fra grandi accoglienze, rincuorò Pierre Ameilh.

Qui finiamo con la storia certa, ma Brenac ha rapporti anche con la fantastoria e con misteri teologici oggi di moda, almeno dal grande successo di un romanzo, Il Codice da Vinci. Infatti Brenac è stato messo in rapporto con Rennes-le Chateau, quindi con il mistero del Graal, la Maddalena, la dinastia dei Merovingi. Come sempre, anche qui, ci può informare la Rete con il sito < http://www.societe-perillos.com/index1.html >

Ma questa è, appunto, un’altra storia.