Ancora sulla salvaguardia e tutela del paesaggio

di Luciano Marziano

Non si arresta il consumo di territorio: adesso, anche sotto la pervasiva copertura dei fotovoltaici che trasformano sterminate zone in desolate plaghe metalliche. È una invasione che avanza utilizzando subdole argomentazioni di segno quasi ricattatorio. Una di queste è quella riferita al problema occupazionale. Esigenza primaria che non può essere soddisfatta con lo sperpero dei beni comuni pregiudicando anche la prospettiva di vita delle generazioni future. È, oramai, di tutta evidenza che il disastro ambientale a cui assistiamo (abusivismo edilizio, danni idrogeologici, reiterazione a scadenza ravvicinata di alluvioni, inquinamento delle falde acquifere ecc.ecc) è conseguenza di un lasciar fare indotto da motivazioni di lucida ipocrisia laddove, nella parvenza della solidarietà (ad esempio, la casa di necessità specialmente nelle informi periferie metropolitane) si sono inseriti, assumendone egemonia gestionale, corposi interessi di diversa entità speculativa, non alieni, a volte, da valenze criminali nei quali si sono avvitati reticoli di affari rivelatisi , come ha rilevato l’archeologo Andrea Carandini, di pochi per pochi. Ed, infatti, cosa c’entrano con i bisogni primari le seconde e anche terze case, le megaville, le immense piscine, installate come indelebile ferita anche sulle sabbiose coste marine? Tante le anomalie alle quali, talvolta, si accompagna quella di un malinteso consenso di ordine politico che deturpa la nobile arte dell’amministrare.

A questo si aggiunga Il fantasma dei Parchi a tema che aleggia sul paesaggio snaturandone la qualità e il senso che hanno radice nelle millenarie cure dovute alla grande tradizione agricola, per trasformarlo in luccicante e colorata Disneyland, con artificiosi, banali fondali hollwoodiani; peraltro, dal destino precario per cui si profilano ricadute spaventose per la necessità di provvedere allo stoccaggio (discarica) dei materiali in fuoriuso ove tutto, come molte di queste esperienze mostrano, corra (non è ipotetico) il rischio della chiusura per fallimento.

In ogni caso, essi si configurano come ulteriori ghetti destinati al divertimento (tale è la finalità esplicita di queste strutture) con una inclusività totalizzante nella quale convogliare vacanzieri escludendoli da qualsiasi rapporto con il territorio circostante. Al loro interno sono indotti a consumare il tempo della vacanza anche coloro che, altrimenti, seppur per labili segni di curiosità, potrebbero approssimarsi alla realtà culturalmente pregevole del territorio che resta il depositario primario di sedimenti stimolanti.